I sentieri della memoria: la strage di Fragheto

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L’Amaro partigiano con cui abbiamo ricordato le

Con questo primo articolo (nella speranza di trovare la continuità e gli stimoli per proseguire) vorrei inaugurare una serie di approfondimenti dedicati alle escursioni. Saranno principalmente itinerari tra Romagna e Marche, lungo l’Appennino, ma non senza alcune eccezioni (come i sentieri lungo il Parco del Monte San Bartolo, a ridosso del mare Adriatico). La maggior parte di questi, tuttavia, ha come minimo comune denominatore avvenimenti storici che meritano di essere ricordati e narrati.

Il primo percorso, che ho svolto nel giugno scorso assieme al mio buon amico Filippo, si trova in Alta Valmarecchia, o più precisamente nella Valle del Senatello, nel Comune di Casteldelci. All’interno del Comune vi è il minuscolo borgo di Fragheto, luogo di una delle stragi nazi-fasciste più efferate tra quelle compiute durante la seconda guerra mondiale.

La feroce rappresaglia da parte dei tedeschi (aiutati da delatori fascisti) portò, il 7 aprile del 1944, ad uccidere oltre 30 persone, tra cui donne, anziani e bambini. Abbiamo quindi pensato di mantenere viva la memoria rispetto a questo triste avvenimento, raggiungendo Fragheto attraverso sentieri ormai dimenticati dal tempo.

(Cliccando sul video, è possibile seguire l’animazione creata dall’applicazione Relive sul percorso svolto. Sul mio profilo dell’app potrete trovare tutte le escursioni svolte fino ad ora).

L’escursione inizia proprio dal centro dell’abitato di Casteldelci, dove possiamo lasciare l’auto e fermarci a leggere i pannelli illustrativi sulla strage, posizionati al lato della piazzetta con parcheggio adiacente alle poste. Il sentiero si trova poco lontano, dirigendoci di nuovo verso la strada e seguendo lo stradello che prosegue accanto alla casa sull’angolo.

Qui occorre subito fare attenzione perché non è presente segnaletica e dal sentiero se ne snodano altri che tuttavia non portano da nessuna parte. Il bivio da prendere è il secondo, che comincia lentamente a salire, fino ad una bella panoramica sull’intera valle. Proseguendo si giunge ad un altro bivio. In questo caso la scelta è indifferente: qualora si prendesse il sentiero sulla destra dopo alcune centinaia di metri si giungerebbe all’abbandonato Poggio Calanco. A quel punto si cambia direzione, riprendendo il sentiero che dopo poco si ricongiunge al bivio precedente. Seppure senza segnaletica, la traccia da seguire risulta piuttosto evidente, anche dovendo fare alcune piccole deviazioni nella radura a causa della folta vegetazione. Superato il piccolo guado e il ponticello, il sentiero riprende a salire senza particolare difficoltà, finché non si incrocia nuovamente la strada sterrata, a metà strada tra Calanco di Sopra (che inspiegabilmente si trova più in basso) e Calanco di Sotto (viceversa). Superate le poche abitazioni presenti, si raggiunge Fragheto dopo pochi km. E’ possibile farlo, con un percorso decisamente più affascinante, abbandonando la sterrata sulla destra e costeggiandola, su un sentiero boscoso. La scelta risulta azzeccata anche perché consente una bella vista sul borgo di Fragheto.

A Fragheto spiccano la Chiesa ed un edificio adiacente, spesso utilizzato da gruppi scout in uscita in queste zone. Ne approfittiamo per fare una breve pausa pranzo, date anche le temperature elevate. Osserviamo le persone (nemmeno poche, a dire la verità) giunte questa domenica per recarsi a messa, salutarsi e lentamente disperdersi e raggiungere le proprie auto. Ci perdiamo in alcune riflessioni sul valore della memoria, la necessità di preservare questi luoghi e il rischio sempre più grande dei revisionismi storici.

Dopo un doveroso assaggio di Amaro Partigiano, riprendiamo il cammino, seguendo per diversi km, tutti in salita, la strada asfaltata che in un paio di tornanti porta a Poggio la Croce. E’ sufficiente poca attenzione per notare che in questo punto si incrociano alcuni sentieri bianco-rossi CAI e perfino degli itinerari piuttosto noti, come il Sentiero di San Francesco (che da Rimini conduce alla Verna) e il Cammino di San Vicinio. Infatti dalla vallata che ora possiamo ammirare si raggiunge sia le Balze che il Monte Fumaiolo. Noi proseguiamo sempre sulla strada sterrata per alcuni km, finché non giungiamo ad un bivio dominato dalla cappella della Madonna del Piano. La strada continua per circa 300-400 metri in un caratteristico tratto di faggeta, fino ad aprirsi nuovamente verso l’intera valle. A questo punto il percorso devia nel campo sottostante, costeggiando i vari pascoli che si incontrano da lì a breve. Il sentiero da seguire si individua piuttosto agevolmente perché giunti in prossimità del colle del Monte Fagiola Nuovo (che deve il nome al Conte Uguccione della Faggiola) si riescono a intravedere sugli alberi, anche se oramai sbiaditi, dei vecchi segnali CAI. Elemento interessante di questa parte dell’itinerario, che si svolge tutto all’ombra della faggeta, non è solamente la bella veduta panoramica sulla valle sottostante, ma anche qualche resto di ciò che furono le fortificazioni della Linea Gotica. Nel pieno della guerra di Liberazione, i tedeschi utilizzarono gran parte dei crinali appenninici come baluardo difensivo contro l’avanzata dell’esercito Alleato. In particolare, numerosi altri presidi erano collocati nel comprensorio dell’Alpe della Luna, ivi compresa la zona di Monte Zucca (dove sorge il fiume Marecchia). Inizialmente l’imponente fortificazione venne chiamata “Gotica” perché doveva rievocare l’antico spirito battagliero della stirpe teutonica a cui i nazisti si richiamavano, ma dopo le prime sconfitte e il progressivo incedere degli alleati e del movimento partigiano, si decise di ribattezzarla Grune line (Linea verde) per motivi scaramantici.

Il sentiero prende ora a scendere fino a incrociare lo stradello che avevamo imboccato all’inizio, poco distante da Casteldelci.

Lunghezza: 14,3 km

Durata: circa 4 ore

Dislivello positivo: 606 m

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*Per chi volesse approfondire la vicenda di Fragheto, si consiglia la visione del film “Fragheto. Una strage, perché?, regia di FlorestanoVancini (1980)