Cento giorni a Palermo, la lotta solitaria di Carlo Alberto dalla Chiesa

Pubblicato da Gruppo Antimafia Pio La Torre

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Nell’estate del 1982, a Palermo, i morti non si contano più. Cadono uno dopo l’altro per le strade della città, mentre l’afa estiva avvolge tutta la Sicilia.

La conosce bene la mafia, il generale dalla Chiesa. L’aveva imparata ad annusare e riconoscere in altre precedenti occasioni, indagando sui più importanti boss di Cosa Nostra: Gerlando Alberti, Tommaso Buscetta, Michele Greco. Prima ancora si mette sulle tracce dell’astro nascente della mafia corleonese, Luciano Liggio, nell’ambito delle indagini sulla scomparsa del sindacalista Placido Rizzotto. Ed è qui a Corleone che dalla Chiesa, da capitano, fa la conoscenza di un altro siciliano, che prenderà il posto di Rizzotto alla Camera del lavoro di Corleone. Si chiama Pio La Torre.

Pio La Torre e Carlo Alberto dalla Chiesa. Due persone che si stimano a vicenda, fin dal primo momento. Due storie che si intrecciano a quella della mafia di Corleone, ai poteri forti di Palermo, alle stanze del potere di Roma. Combattono entrambi Cosa Nostra, qualunque posizione e ruolo si trovino a ricoprire, La Torre e dalla Chiesa. La contrastano con efficacia e le mettono paura perché la conoscono fin troppo bene e hanno l’intuizione di individuare il reale centro di potere mafioso: l’accumulazione di capitali illeciti, il fiume carsico di denaro che Cosa Nostra smuove e utilizza di continuo per realizzare nuovi reati. Quel denaro sporco finisce nei depositi di banche compiacenti, nei cassetti degli amministratori locali per accaparrarsi ogni appalto possibile, nell’emergente mercato del traffico di stupefacenti, sul quale Cosa Nostra si sta affacciando a livello mondiale.

L’aria nel capoluogo siciliano si fa tesa. Nel marzo del 1982, dalla Chiesa riceve l’incarico per ritornare in Sicilia come prefetto, per contrastare la mafia. Quando arriva a Palermo non ritrova Pio La Torre per la terza volta. Quest’ultimo aveva presentato un disegno di legge per introdurre un nuovo articolo del codice penale: l’associazione a delinquere di stampo mafioso, oltre alla confisca dei proventi mafiosi. Il 30 aprile di quel terribile anno, La Torre viene assassinato a Palermo. Il nuovo prefetto si presenta ai suoi funerali, il 2 maggio.

Contro la mafia gli promettono poteri fuori dall’ordinario, ma non riceve nulla. E’ un prefetto, in una realtà come a Palermo, con gli stessi poteri del prefetto di Forlì. C’è poco tempo, dalla Chiesa è inquieto e percepisce, come altri prima e dopo di lui, che si trova come in trappola, in una gabbia. In un’intervista rilasciata qualche settimana dopo al giornalista Giorgio Bocca, il nuovo prefetto di Palermo fa i nomi dei quattro Cavalieri del Lavoro di Catania (Graci, Costanzo, Rendo e Finocchiaro), additandoli come elementi significativi dei nuovi percorsi tracciati dalla mafia siciliana.

“La Mafia ormai sta nelle maggiori città italiane dove ha fato grossi investimenti edilizi, o commerciali e magari industriali. A me interessa conoscere questa “accumulazione primitiva” del capitale mafioso, questa fase di riciclaggio del denaro sporco, queste lire rubate, estorte che architetti o grafici di chiara fama hanno trasformato in case moderne o alberghi e ristoranti a la page. Ma mi interessa ancor di più la rete mafiosa di controllo, che grazie a quelle case, a quelle imprese, a quei commerci magari passati a mani insospettabili, corrette, sta nei punti chiave, assicura i rifugi, procura le vie di riciclaggio, controlla il potere.”

Appalti e denaro sporco. Il pallino di dalla Chiesa. Entra nel santuario di Cosa Nostra, ma i poteri straordinari tanto decantati da Roma continuano a non arrivare. Nel frattempo i giornali locali cominciano una campagna diffamatoria, in cui si insinua pervicacemente il dubbio sul nuovo incarico ricevuto dall’uomo che nel Nord Italia lottò contro le Brigate Rosse e il Terrorismo.

Morta speranza palermitani onesti

E’ ancora una sera d’estate, quella del 3 settembre 1982. L’auto di dalla Chiesa e della sua nuova moglie, Emmanuela Setti Carraro, sta attraversando Via Carini a Palermo, diretta ad una cena a Villa Pajno. Alle 21.15, in quella strada semi-vuota, esplodono i colpi di Kalashnikov AK-47 che abbattono e lasciano senza vita i corpi di dalla Chiesa e della moglie, all’interno dell’utilitaria di colore beige.

Il giorno successivo, sul luogo del delitto, comparirà una scritta che recita “Qui è morta la speranza dei palermitani onesti”. Dieci giorni esatti dopo, in Parlamento verrà approvata la legge Rognoni-La Torre sull’associazione a delinquere di stampo mafioso e la confisca dei beni mafiosi.

Il prefetto dei 100 giorni è stato lasciato solo, da tutti.
Eppure aveva capito tutto, prima degli altri.

Patrick Wild