Antimafia sociale in Emilia-Romagna: una breve intervista

Qualche settimana fa, Davide e Marco mi hanno chiesto di rispondere a qualche domanda per Citizen Rimini. Oggetto della piacevole chiacchierata è stato il racconto della nostra modesta esperienza di antimafia sociale, dai primi campi sui terreni confiscati a Corleone all’attività portata avanti in Romagna con il Gruppo Antimafia Pio La Torre, dal 2008 ad oggi. Molto è stato fatto – soprattutto in anni in cui di mafie al Nord proprio non se ne parlava – ma tanto altro resta ancora da fare. Buona visione!

Le ferite ancora aperte di Portella della Ginestra

 

Portella della Ginestra, Piana degli Albanesi

Portella della Ginestra, Piana degli Albanesi


Giorni di dolore, in Sicilia, tra aprile e maggio.

Ci si lascia alle spalle l’anniversario dell’omicidio di Pio La Torre e Rosario di Salvo, per entrare nel maggio delle commemorazioni per Giovanni Falcone. Poi l’estate, Chinnici, BorsellinoDalla Chiesa

Ma prima, ben prima degli omicidi eccellenti, la Sicilia pagava un tributo di sangue che ancora oggi chiede Giustizia. La strage di Portella della Ginestra

Piana degli Albanesi sarebbe dovuto essere un giorno di festa, quella dei lavoratori, il I maggio 1947. Un nome che affonda le radici lontano nel tempo, frutto di un antico insediamento di contadini di origine albanese in quella zona.

E’ pieno di bandiere rosse, duemila contadini, povera gente che non si piega – nonostante tutto –  al sopruso mafioso e  a quello dei padroni.  Sono gli anni del movimento contadino, la lotta contro il latifondismo e per l’applicazione dei Decreti Gullo sull’assegnazione delle terre incolte.

 

 

Mario Nicosia, sopravvissuto alla strage

Mario Nicosia, sopravvissuto alla strage

 

Ma Portella della Ginestra passerà suo malgrado alla Storia come la prima strage di Stato. La mano – armata – fu quella di Salvatore Giuliano e della sua banda, ma alle loro spalle è sempre presente più che il sospetto del delitto politico ordito dall’alto, allo scopo di fermare l’avanzata delle forze della sinistra in Italia e intimidire il movimento contadino siciliano.

Quel giorno morirono dodici persone, più di trenta vennero colpite dalle raffiche sparate dalla banda Giuliano. Ma le ferite, non solo quelle visibili sul corpo, sono ancora oggi maggiori e più profonde.  Ferite ancora aperte per una strage di innocenti in una giornata di festa.  Ferite che bruciano per una giustizia che ancora manca, a quasi settant’anni di distanza, per una strage senza mandanti.

Nei campi estivi a Corleone abbiamo avuto il piacere e l’onore di ascoltare in diverse occasioni i sopravvissuti della strage di Portella. Nelle parole di Mario Nicosia ritroviamo quelle ferite, ma non solo. C’è la forza tipica delle persone che nonostante tutto non si sono mai arrese.  E’ anche grazie a loro che ricuciremo poco a poco la Storia d’Italia. A partire da Portella della Ginestra.

Buona festa dei lavoratori, con uno sguardo indietro alla nostra Storia – per non dimenticare – e uno avanti per costruire lavoro ed uguaglianza.

 

Patrick Wild

Articolo pubblicato anche su www.gruppoantimafiapiolatorre.it

 

Lettere da Corleone, giorno 0

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Ogni diario che si rispetti, solitamente, usa essere scritto dal primo giorno di viaggio od esperienza. E’ una consuetudine come tante altre, tutto qui. Questo tuttavia non è un viaggio od un esperienza come tante altre ed è pertanto giusto che non rispetti alla virgola questa regola aurea non scritta.

In effetti non ci troviamo ancora a destinazione. E’ il giorno 0. E lunedì si torna nella nostra seconda casa, nella nostra Corleone. Inizia l’ennesimo campo di lavoro e studio sui terreni confiscati alla mafia. Per noi del Gruppo Antimafia Pio La Torre si tratta del 5 campo in 6 anni, dal 2008 ad oggi. Per il sottoscritto è il quarto, dopo due anni di lontananza.

Per chi, come noi, proviene dal cuore della riviera romagnola, meta estiva per antonomasia (seppur in decadenza), scegliere di passare due settimane delle proprie ferie o vacanze potrebbe apparire strano, se non sciocco e paradossale. Bè, costoro non hanno tutti i torti. Si tratta di una scelta folle, folle come i soci della Cooperativa corleonese che ci ospiterà per queste due settimane. Una lucida follia, la loro, di credere per primi in una Sicilia diversa, quando ancora a Corleone non era stato catturato Bernardo “Binnu” Provenzano. Forse con queste persone ci troviamo bene proprio per questa follia che condividiamo entrambi, nonostante veniamo da terre lontane e diverse.

Sarà pure un diario atipico, ma il momento della valigia rimane sempre il più problematico.
Guanti da lavoro, scarpe da lavoro, calzini, libri da leggere durante la siesta, documenti…

Ma non è tutto: in questa valigia ci metterò e ci metteremo altro: l’esperienza acquisita in questi 4 anni di attività antimafia a Rimini, la consapevolezza del vero significato della realtà corleonese e delle sue fatiche, i ricordi delle persone che in quel posto abbiamo conosciuto e quelli delle persone che abbiamo perso, la voglia di sporcarsi nuovamente le mani con la terra, una volta appartenuta ai boss di Cosa Nostra ed ora simbolo di giustizia e lavoro.

Una volta là, questa valigia la vuoteremo e sapremo riempirla di nuovi significati. Ancora una volta.

 

 http://www.gruppoantimafiapiolatorre.it/sito/campi-antimafia/diari-dai-campi-confiscati/508-diario-da-corleone-giorno-0.html

Loro bruciano, noi ricostruiamo

Loro bruciano, noi ricostruiamo

Come riminesi, ospiti di una cooperativa corleonese che gestisce i terreni confiscati alla mafia e che quotidianamente deve far fronte a non pochi problemi di carattere economico (ma non solo), non possiamo non esprimere solidarietà nei confronti dei soci delle cooperative siciliane e pugliesi che in questi giorni hanno visto il frutto del loro duro lavoro andato letteralmente in fumo.

Questi gravi atti intimidatori dovrebbero zittire definitivamente chi da sempre vede nel recupero sociale dei beni confiscati alle mafie solo una perdita di tempo e denaro (recuperabile con l’eventuale vendita dei beni stessi), oltre che un progetto inutile e poco incisivo nella lotta alla mafia.

La realtà è l’esatto opposto. Aggredire i beni mafiosi, sulla strada tracciata trent’anni fa da Pio La Torre, per creare lavorodignità e giustizia, nelle terre che per troppo tempo non hanno vissuto nulla del genere, è la descrizione del percorso coerente e straordinario che stanno conducendo centinaia di cooperative ed enti nel Meridione da molti anni a questa parte.

Durante le nostre brevi, seppur intense, esperienze nei campi a Corleone e Canicattì abbiamo potuto solo scorgere le difficoltà cui queste coraggiose realtà vanno incontro. Dal dovere scalfire il muro di omertà e di accettazione sociale nei terreni dove imperava la cultura del privilegio mafioso, alla consapevolezza di dover sudare e sporcarsi le mani in terra ogni giorno perché quei terreni aridi portino i frutti e i prodotti del lavoro giusto.

Loro sono i vigliacchi, noi ci mettiamo la faccia.
Loro bruciano, noi ricostruiamo.
Patrick Wild
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