Due pesi e due misure (su Valentino Rossi, evasione fiscale ed altre sciocchezze)

valentino rossi

L’immagine che rimane nella testa è quella di Valentino Rossi, 36 anni, che taglia il traguardo sulla sua Yamaha, conquistando il gradino più alto del podio del Gran Premio del Qatar. Gli aggettivi si sprecano, colano uno dopo l’altro dalle pagine sportive dei quotidiani: fenomeno, infinito, da leggenda, califfo, senza età, fuoriclasse.

Nel bel mezzo di questo incensamento del mio quasi conterraneo, mi domandavo se fosse comunque ammesso ricordare ai più smemorati la richiesta di 112 milioni di euro formulata nel 2007 da parte dell’Erario, per “omessa dichiarazione dei redditi e dichiarazione infedele” (ergo, per non aver pagato le tasse, eleggendo domicilio e residenza fiscale all’estero, a Londra). Che la cifra da versare fosse stata poi “patteggiata” a 35 milioni (cioè con uno sconto del 70%). Che alla domanda della giornalista che gli chiedeva cosa avrebbe risposto a quei lavoratori che normalmente non hanno peso e fama per patteggiare con l’Agenzia delle Entrate, il dottor Rossi rispose – sogghignando – “Eh eh, le tasse vanno pagate..”.

Ma siamo pur sempre il Paese in cui lo sportivo vincente rappresenta un’icona sacra e intoccabile. E poco importa se a differenza sua, le persone “normali” non possono pervenire ad accordi con lo Stato, per evitare esecuzione forzata da parte dello stesso.
Poco importa se il campione delle due ruote ha scippato milioni agli stessi italiani – contribuenti – che lo acclamano ogni santa domenica.

Ma Valentino in moto va forte, va forte…

[Tra le prime risposte a questa riflessione estemporanea, pubblicata stamane su Facebook, c’è stato perfino chi si è lamentato per aver preso di mira Valentino Rossi – “che cazzo rompete ancora le palle con l’evasione” – suggerendo di rivolgere le proprie attenzioni altrove – “…lo stato ed il governo sono i primi ladri”. Tralasciando l’infelice analogia con la tradizionale argomentazione pro-mafia da parte della mafia stessa, il commento è piuttosto indicativo della bassa percezione dell’evasione fiscale quale reato particolarmente odioso per l’intero tessuto economico-sociale. Chi evade è quasi sempre visto – e accettato – come un soggetto “odiato” dallo Stato, nel migliore dei casi un furbo che ha trovato il modo per fregare lo Stato stesso e i suoi balzelli]