L’umanità perduta (e ritrovata a Rimini)

Ci hanno insegnamento la meraviglia verso la gente che ruba il pane

Esistono, li ho visti.
Ci dicono che occorra salvare i centri cittadini, tenerli curati. Che per creare momenti di socializzazione bisogna trovarsi nelle zone “top” per il consueto aperitivo delle 19.00.

Oggi, però, l’umanità l’ho trovata altrove. Non certo in piazzetta aperitivo. Abita le periferie dimenticate da chi amministra e nascoste agli occhi di chi scambia la povertà col degrado e la criminalità, l’umiltà e la dignità di se stessi con l’inferiorità sociale. Esistono invece esperienze – perché le ho viste con i miei occhi e toccate con mano – che vanno  e coltivate con tutto l’amore che possiamo, perché sono importanti. Sono tali perché è in questi luoghi che la vita scorre forte, con tutte le sue contraddizioni, e ci sente realmente persone, cittadini. Dove incontri dell’umanità disarmante, senza inutili sovrastrutture o finzioni. Ed è qui che è possibile confrontarsi e scontrarsi faccia a faccia con problemi reali e concreti. Dove si cerca di dare risposta a questi problemi. Niente a che vedere con gli infiniti tavoli, i dibattiti, gli incontri spot, dove “ce la si canta e ce la si suona” senza volere né riuscire ad incidere in alcun modo sulla realtà, cambiarla. Abbiamo perso la capacità di parlare di persona tra di noi, riducendo il livello del dibattito a centoquaranta caratteri o credendo di creare conflitto e consapevolezza, metterci in pace la coscienza con qualche post su un social network. A me non basta più (come non bastava prima).

Ieri sera, ad un concerto promosso dalla CGIL in piazza a Rimini, Marino Severini – leader dello storico gruppo dei Gang – ricordava un adagio che quarant’anni regolava le dinamiche dei gruppi sociali e dei movimenti: “Non bisogna lasciare da solo nessuno” (in quel caso il riferimento era alle lotte solitarie dei lavoratori di Sesto San Giovanni, Marghera, lasciati soli a combattere una battaglia che si riteneva non essere anche la nostra). E invece ci siamo dimenticati poco a poco delle persone, anteponendo la propria realizzazione personale, cannibalizzando chiunque potesse minare il nostro posto nella società. Abbiamo finito per preferire l’uovo alla gallina, rinunciando definitivamente a qualcosa che va ben oltre l’aperitivo del venerdì sera o la vacanza a Sharm el Sheik.

Sono le stesse istanze per le quali ho scelto in larga parte di intraprendere questa professione, a fianco di chi rivendica un proprio legittimo diritto, quello di esistere. Da qui si riparte, senza lasciare più indietro o solo nessuno.
Casa madiba casa don gallo.jpg

 

P.s. Le esperienze di cui parlo sono quelle di Casa Don Andrea Gallo e di Casa Madibaentrambe sintesi di anni di coerente militanza sul territorio riminese, all’interno delle quali trovano sede queste rivendicazioni (diritto alla casa, diritto al lavoro). Venerdì era in programma la presentazione di “Ghetto Italia”, libro-inchiesta scritto a quattro mani. Un lungo dibattito a cui ho assistito, attento ma in silenzio, tipico di chi entra in punta di piedi, incuriosito, affacciandosi ad una nuova realtà. Come diceva Don Lorenzo Milani (non certo un pericolo marxista) “A che serve avere le mani pulite se si tengono in tasca?” . Ecco, ora è appunto venuto il momento di sporcarsi le mani.